E’ ormai di pubblico dominio (o almeno per la maggior parte della popolazione) che il gatto, in quanto essere vivente, disponga di capacità cognitive, emozionali e relazionali. L’etologia, che da tempo si è fatta strada attraverso studi ed osservazione sul campo (parliamo anche e soprattutto di animali allo stato libero che conducono una vita indipendente che consente loro di esibire ogni comportamento specie-specifico nel loro habitat naturale), dimostra da tempo e tutt’oggi che i nostri gatti sono in grado di pensare, elaborare concetti complessi e di essere creature consapevoli: dispongono di una Teoria della Mente (capacità cognitiva di rappresentare stati mentali propri e altrui al fine di prevedere un determinato tipo di comportamento conseguente), il felino domestico possiede la concezione del “qui e ora”, della permanenza degli oggetti, riconosce un proprio simile allo specchio, è dotato di memoria emotiva ed olfattiva a breve e lungo termine (apprende in seguito a svariate esperienze, assimila ed elabora milioni di informazioni a livello olfattivo/emotivo associando l’esperienza ad un luogo o persona o altro essere vivente).
A tutti gli effetti quindi il gatto è un essere intelligente e dalle mille risorse, simbolo di forza (è il più piccolo tra i felidi ma sa essere austero e maestoso come il grande leone), di vitalità e di salute…ma davvero il nostro compagno felino è sempre in perfetta forma fisica?
Vivere tra le mura domestiche è sicuramente un vantaggio, i rischi di incidenti o lotte si riducono notevolmente rispetto ad una vita allo stato libero ma potrebbero comunque essere presenti fattori che intacchino il benessere fisico dei nostri compagni felini.
Se parliamo di malessere fisici/organici c’è da sapere che il felis catus, per natura influenzata ancora oggi dagli effetti genetici dell’antenato selvatico, difficilmente (anzi, praticamente mai) mostrerà apertamente di non stare bene.
C’è da sapere che il gatto, oltre ad essere un abile predatore, è anche una potenziale preda: l’innata protezione del sé (coadiuvata dagli apprendimenti che lo accompagnano per tutta la sua vita) permette al piccolo felino di salvaguardare la sua incolumità e tutelarsi in presenza di pericolo e/o di esseri viventi che gli siano predatori.
Ecco spiegato il motivo per il quale il gatto non manifesta mai un disagio fisico apertamente: l’atavico senso di istinto di sopravvivenza ed autoconservazione gli suggerisce che mostrare debolezza lo renderebbe facile bersaglio di una qualunque minaccia (reale o presunta) che si celi poco distante.
Non si tratta di non voler condividere con noi uno stato di malessere ma semplicemente di naturale auto protezione: è chiaro che noi non potremmo mai nuocere ai nostri cuccioli ma l’istinto è più forte, il gatto malato (o anche solo acciaccato) tenderà sempre a celare il suo status anche davanti al suo umano di riferimento.
SAPER OSSERVARE
Dal momento che ai nostri gatti manca la parola ma anche se l’avessero non ci direbbero che stanno male, tocca a noi accorgerci delle piccole sfumature/campanelli d’allarme, anche se impercettibili, che esulano dalle normali dinamiche comportamentali condotte dal felino domestico.
Chi meglio di noi conosce il proprio cucciolo, come si muove, come reagisce a rumori o situazioni, se è abitualmente molto attivo, quali sono i suoi luoghi di riposo preferiti: ecco da dove partire.
Sia che il nostro gatto sia particolarmente socievole e partecipante alla vita familiare sia che sia un pò schivo in genere, osservare i suoi comportamenti può aiutarci ad intervenire prontamente nel caso in cui ci sia qualcosa che non va.
SEGNALI
Siamo tutti abituati a vedere il nostro gatto passare intere ore ad eseguire il grooming (il momento della pulizia personale), a riposare, a mangiare piccole porzioni di cibo, a giocare e poi dormire di nuovo. Oltre ai momenti di coccole che quotidianamente ci dedichiamo (un toccasana per loro e per noi).
Sono le piccole cose che fanno la differenza, cose che solo l’occhio di un proprietario attento possono carpire:
1 – il gatto cerca rifugi nascosti invece di posizionarsi nella sua cuccia preferita;
2 – passa molte più ore del solito a dormire;
3 – dorme in posizione semi eretta, nascondendo la testa sotto il suo corpo (per mantenere il massimo del calore corporeo concentrato in un’unica zona);
4 – mangia meno o non ha appetito;
5 – sembra apatico, non ha voglia di giocare;
6 – diminuisce o cessa il comportamento di grooming (un mantello opaco o arruffato possono essere segnali di malessere fisico – in un gatto sano ma anziano le motivazioni di assenza di grooming sono di altra ragione);
7 – non gradisce il contatto (quando invece d’abitudine lo apprezza) e produce allontanamento dal proprietario, una parte del corpo potrebbe essere dolorante (non insistiamo, non avendo la competenza medica potremmo aumentare il dolore che il nostro gatto prova e/o aggravare il potenziale danno della parte interessata);
8 – potrebbe minzionare fuori dalla cassetta igienica (potenziale problema alle vie urinarie);
9 – miagola spesso e a lungo (quando d’abitudine non lo fa);
10 – potrebbe manifestare comportamenti aggressivi/di difesa.
Ognuna di queste situazioni potrebbe derivare dall’insorgere di un dolore fisico di cui spesso non conosciamo la causa.
Il dolore deriva dalla stimolazione di terminazioni nervose dette “ricettori del dolore”.
Le informazioni vengono trasmesse al cervello che “avverte” l’organismo in maniera più o meno rapida di un potenziale danno a carico di una determinata parte del corpo.
La risposta fisiologica è quella di protezione e di salvaguardia dell’intero organismo, che va in stand-by: le forze a disposizione vengono dedicate alle attività essenziali per la sopravvivenza nel tentativo di acquisirne di nuove attraverso lungo riposo al fine di recuperare la forma fisica. Questo anche se si trattasse di un raffreddore o di un pò di febbre.
Ecco perchè le attività abituali vengono limitate ed ecco perchè il nostro gatto potrebbe preferire isolarsi e non avere troppi contatti arrivando anche ad allontanarci.
Ed in questo caso rispettare la preferenza del nostro compagno animale è un grande gesto d’affetto nei suoi confronti.
Naturalmente il senso non è ignorarlo per farlo guarire ma lasciargli il suo spazio permettendogli di percepire la nostra presenza e il nostro contatto, se lo desidera, nel rispetto di una sua naturale risposta ad una situazione imprevista.
IN QUALUNQUE CASO, PRIMA DI FARE QUALUNQUE COSA CONTATTARE IL VETERINARIO!
Se notiamo comportamenti come quelli sopra descritti (oltre a quelli meglio visibili come zoppia, lacrimazione degli occhi, terza palpebra esposta) è nostro dovere consultare immediatamente il veterinario di fiducia in modo da intervenire con le giuste misure in relazione all’entità del malessere.
COSA POSSIAMO FARE
Cure mediche e somministrazione di farmaci a parte (cose di cui si occuperà lo specialista e di cui indicherà la modalità) il maggiore aiuto che possiamo fornire al nostro gatto in queste circostanze è quello di metterlo a suo agio.
- Dedicargli una zona tranquilla della casa in cui non ci siano troppa luce artificiale né troppo rumore: posizionare la sua cuccia o magari delle coperte calde in un punto appartato favorirà la ripresa fisica ma anche emotiva del nostro piccolo amico, si sentirà al sicuro e coccolato allo stesso tempo (possiamo anche mettere un nostro indumento nel giaciglio in modo che possa sentire il nostro odore).
- In caso di inappetenza: intiepidire poco cibo umido potrebbe stimolare la voglia di nutrirsi, spesso un gatto raffreddato non può sentire gli odori e, dal momento che l’olfatto gioca un ruolo importantissimo nella vita del felis catus, potrebbe rifiutare anche il cibo di cui in genere va matto (non lo riconosce = potrebbe non essere sicuro per la sopravvivenza).
- In caso di assenza di grooming: la pulizia personale è un’attività essenziale per il gatto e ne conferma il benessere (leccare il mantello agevola l’eliminazione del pelo morto favorendo la crescita di quello nuovo ed è utile a regolare la temperatura corporea); se il nostro gatto ha sospeso l’attività di grooming potremmo aiutarlo con delle leggere spazzolate (se la sua condizione lo consente e lui lo accetta) una o due volte al giorno con una spazzola morbida o passando delicatamente sul suo corpo un salviettina leggermente umida, ancora meglio se un pò strizzata (e rigorosamente inodore! per non creare ulteriore turbamento dovuto ad un odore sul proprio mantello che il gatto non potrebbe lavarsi via) per dargli un pò di sollievo.
- In caso di zoppia: si dice che i gatti atterrino sempre in piedi, ma non è detto che vada sempre bene. Cadere da un’altezza intermedia potrebbe essere più dannoso che cadere da molti metri (l’apparato vestibolare adibito al mantenimento dell’equilibrio “suggerisce” quale posizione dovrebbe avere il corpo in un dato momento che deve però avere il tempo materiale di ruotare e raddrizzarsi) e potrebbe avere delle conseguenze (anche minime ma meglio non sottovalutare nulla). In un caso analogo cercare di limitare i movimenti del nostro gatto in modo da limitare eventuali e potenziali “danni collaterali” finché il veterinario non l’avrà visitato.
NON CERCHIAMO DI TENERLO IN BRACCIO O DI TOCCARLO CONTRO LA SUA VOLONTA’, POTREMMO PEGGIORARE LA SITUAZIONE OLTRE AD AUMENTARE UN POTENZIALE STATO DI ANSIA (DOVUTO AL DISAGIO FISICO) GIA’ IN ATTO!
Se il nostro gatto ha la possibilità di vivere anche all’esterno, poi, potrebbe essere oggetto di aggressioni da parte di conspecifici. Osserviamo sempre accuratamente il nostro compagno animale quando torna dalle sue scorribande: un graffio o peggio ancora un morso ricevuto da un altro gatto potrebbero essere problematici e molto dolorosi.
Il morso in particolare, se inferto con forza, veicola attraverso la saliva trasfusa batteri altamente infettivi: il gatto aggredito potrebbe mostrare alcuni dei comportamenti sopra descritti (apatia, inappetenza, scarso movimento, febbre) e dopo pochi giorni potremo notare l’ascesso provocato dal morso.
Anche in questi casi prontezza di intervento (il veterinario prescriverà una cura antibiotica), riposo e tranquillità: il dolore non svanirà immediatamente ma il nostro gatto sentirà di essere al sicuro con noi vicino e pronto a tornare alle sue attività preferite dopo la convalescenza.
“Capire” il dolore del gatto e in che momenti lo sta provando non è per niente semplice e lui certo non ci rende le cose facili.
Una buona base relazionale oltre che di osservazione, di cui abbiamo parlato brevemente, è certamente un buon punto di partenza per connettersi emotivamente al proprio compagno felino: se il nostro legame è sano e forte e se siamo dotati della stessa empatia che lui ci trasmette sapremo “sentire” quali sono i suoi momenti no, quelli in cui ci chiederebbe aiuto ma preferisce rimanere riservato.
E sapremo anche che dovremo rispettare i suoi tempi di ripresa (seguendo comunque sempre le indicazioni del medico veterinario) cercando di trasmettergli energie positive in modo che, anche dal punto di vista emotivo, possa sentirsi piano piano più sereno insieme a noi.
I nostri gatti ci accompagnano ogni giorno in questo percorso che è la vita insieme e se davvero potessero parlare ci farebbero sapere quanto siano felici di averci scelti…perchè ci siamo anche quando sono loro ad avere bisogno di un aiuto
a cura di Miriam Tiengo – Operatore certificato in Benessere Etologico del Gatto®