La famiglia dei Felini (Felidae) annovera tra i suoi componenti un gran numeri di piccoli e grandi individui, tra cui anche il Felis catus (gatto domestico). A differenza di quello che per molto si è pensato non solo grandi felini come il leone (Panthera leo) sono una specie sociale: anche il gatto, nel corso della sua evoluzione, ha imparato a convivere con conspecifici o membri di altra specie costituendo strutture sociali anche complesse.
Rimane un dato di fatto che il Felis catus sia un animale solitario e sociale facoltativo ossia può scegliere di avvicinarsi ad altri suoi simili e convivere con loro in presenza di presupposti fondamentali quali l’ampiezza del territorio, il numero di risorse a disposizione e il numero di individui all’interno del territorio. Questo vale per il gatto selvatico quanto per i nostri compagni felini domestici, l’influsso dei geni del Felis sylvestris sylvestris dal quale discende sono ancora oggi molto forti nei soggetti appartenenti a questa specie.
Il comportamento schivo ed indipendente del gatto ha sempre affascinato: sembra essere distaccato e disinteressato se non al momento del pasto o delle coccole ed intento ad svolgere l’attività che più sembra piacergli: dormire.
Ad un osservatore poco attento il felino domestico può sembrare questo ma in realtà, come ben sappiamo, è solo la punta dell’iceberg.
Il gatto osserva, valuta, verifica, elabora, si “fa domande” continuamente, anche quando pensiamo che sia completamente rilassato o distratto.
Non potrebbe fare diversamente, il Felis catus è in natura non solo un predatore bensì anche una preda ed il suo imprescindibile istinto di sopravvivenza è e sarà sempre un’innata condizione del suo essere.
Il gattino impara nei primi mesi di vita di cosa potersi fidare e cosa temere, quali siano le migliori strategie per affrontare una situazione imprevista e quali reazioni siano più o meno vantaggiose in relazione ad un evento (anche e soprattutto in via preventiva).
Il carattere e la personalità del gatto si plasmano con la crescita e gli apprendimenti ma subiscono, naturalmente, anche un’influenza genetica ed ambientale relativa ad una o più predisposizioni: per esempio i tratti di audacia, esploratività e socievolezza vengono trasmessi dal padre. Un padre coraggioso e socievole genererà una prole che orientativamente svilupperà le stesse tendenze.
Ma come accennato anche l’ambiente dei primi mesi di vita ha un forte condizionamento sul cucciolo e addirittura stati di stress della madre durante la gestazione possono infondere nel gattino, attraverso gli ormoni, una propensione alla soggezione allo stress.
Un ambiente di vita poco sicuro aumenta gli stati di ansia e paura, uno sereno contribuisce all’incremento di senso di sicurezza nel cucciolo. Anche le interazioni con altre specie (incluso l’uomo) favoriscono lo sviluppo della capacità di adattamento del giovane gatto e della sua capacità di socializzare.
E’ dimostrato infatti che l’esposizione a determinati stimoli durante le prime settimane di vita determina il tipo di esperienze che l’individuo poter tollerare a adulto e quali saranno le sue reazioni comportamenti (che condizioneranno le sue capacità di adattamento future).
Questi fattori ed altri (come la separazione precoce dalla madre, l’assenza di uno sviluppo infantile corretto e la mancanza di esperienze necessarie in età infantile per prepararsi a quella adulta) giocano un ruolo chiave sulla predisposizione del gatto a vivere ed interpretare il mondo esterno e i suoi costanti stimoli; i cuccioli che non hanno completato quello che conosciamo come svezzamento (periodo sensibile che non si riduce alla sola capacità dell’individuo a nutrirsi autonomamente ma contempla svariate dinamiche comportamentali) manifestano spesso in età giovane ed adulta segnali di ansia e paura relativi alle interazioni ma anche al loro rapporto con il territorio (ambiente di vita) e l’approccio con svariati eventi.
MA COSA SPINGE IL GATTO A CERCARE RIPARO/RIFUGIO?
In soggetti come quelli brevemente descritti, che non hanno goduto degli apprendimenti impartiti dalla madre o, in sua assenza, di un individuo adulto (sostituto) o che non hanno vissuto in tenera età in un ambiente emotivamente e socialmente stabile possono essere più di altri potenzialmente protesi a stati paurosi o di ansia. Tutto ciò che è sconosciuto è per il gatto fonte di preoccupazione in quanto può tramutarsi in un pericolo per l’incolumità, ogni individuo (soggetto di altra specie o conspecifico) con cui non ha familiarità o di cui non può comprendere la comunicazione (a volte succede in assenza di completo sviluppo infantile che un gatto non “parli” la stessa lingua di un altro dando origini ad incomprensioni sociali) viene inteso come un potenziale antagonista.
Nuovi incontri, rumori, eventi imprevedibili, oggetti mai visti o novità che a noi potrebbero sembrare di poco conto mettono in allerta il gatto che, come prima arma di difesa in una situazione nuova, attua, in genere, la strategia della fuga per mettersi in salvo.
La fuga è una strategia di adattamento attiva (inclusa nei comportamenti di coping, una sorta di know how di risposta agli eventi del mondo esterno) che comporta una rapida valutazione ed un conseguente sforzo fisico per fronteggiare una situazione.
Come detto, la capacità di adattamento del gatto e il suo bagaglio di strategie di coping (e di conseguenza la sua capacità di problem solving in un determinato ambiente) vengono fortemente influenzate da un connubio di genetica, ambiente e apprendimenti: non tutti i cuccioli reagiranno allo stesso modo di fronte ad una stessa situazione ma una buona parte avrà appreso la risposta comportamentale adeguata per ogni evento conosciuto fino a quel momento.
Ecco che se il gatto in tenera/giovane età non è stato esposto ad uno o più stimoli potrà sviluppare un tratto della personalità che lo renderà più sensibile emotivamente rispetto a cambiamenti e novità, potrebbe diventare un individuo potenzialmente pauroso. Nel momento in cui il felino domestico percepisce uno stimolo sconosciuto percepisce una minaccia per la sua sopravvivenza, può provare ansia o paura (a seconda che percezione in quel momento si presunta o reale) e reagire nella maggior parte dei casi con la ricerca di un rifugio per abbassare il livello di stress di quel momento e cercare una vantaggiosa soluzione per la risoluzione di quella situazione.
La paura è una risposta comportamentale di tipo adattivo (come per il gatto per molte altre specie incluso l’uomo), l’individuo reagisce a livello emotivo e in seguito meccanico di fronte ad uno stimolo percepito come minaccioso. Le risposte possono essere di tipo estroverso (il gatto fugge o, in casi estremi, aggredisce la fonte della paura) o di tipo introverso (il soggetto si immobilizza o si nasconde).
Possiamo quindi interpretare questo comportamento, quello che spinge il gatto a nascondersi come una concatenazione di fattori che partono dalla giovanissima età e si manifestano durante la crescita dell’individuo. Crescere in un territorio adeguatamente arricchito a livello ambientale e relazionale permette al gattino di sviluppare capacità di adattamento e di socialità che lo renderanno un adulto più propenso ad ambientarsi e a trovare soluzioni anche in altri ambienti di vita e ad affrontare situazioni nuove basandosi su un bagaglio di esperienze e conoscenze piuttosto basso.
Al contrario un cucciolo cresciuto in ambiente stressante e senza le attente cure della madre crescerà più probabilmente con una buona dose di insicurezza e di incertezza nell’affrontare gli stimoli quotidiani.
Il gatto si nasconde perchè il suo istinto di sopravvivenza gli suggerisce di non esporsi prima di aver accuratamente analizzato la situazione e anche dopo averlo fatto spesso sceglie di mantenere la sua posizione riparata e sicura per non correre rischi che potrebbero potenzialmente nuocere alla sua incolumità.
Gatti paurosi ed insicuri hanno bisogno, più di altri, di ambiente di vita che infonda loro tranquillità ed una esposizione a nuovi stimoli graduale in modo che la soglia della paura rispetto a QUELLO stimolo possa gradualmente abbassarsi (per esempio l’approccio con un persona estranea o con un nuovo oggetto acquistato dal proprietario).
Ricordiamo che il Felis catus non ama cambiamenti, novità e tutto quello che implica l’abbandono della sua comfort zone; a maggior ragione per un gatto pauroso ogni nuova situazione viene percepita in modo amplificato rispetto ad altri individui.
Se il nostro cucciolo sente il bisogno di nascondersi in relazione a determinati eventi che possano essere una visita a casa, un rumore, o un altro animale non dovremmo in alcun modo impedirlo: quella è la sua risposta e noi, in quanto parte della coppia umano-gatto, siamo tenuti a rispettarla Se per esempio: un amico viene a farci visita, il gatto si nasconde perchè impaurito; se l’amico o, peggio, noi cerchiamo di stanare il felino per mostrarlo/toccarlo anche se contro la sua volontà stiamo rinforzando lo stato emotivo negativo di quel momento.
Mettiamoci sempre nei panni del nostro compagno felino: in quel momento ha paura e quello è un sentimento legato al suo istinto di sopravvivenza; una costrizione non farebbe che aumentare quella paura che diventerebbe a lungo andare generalizzata (potrebbe quindi avere sempre paura di altre persone indipendentemente dal fatto che cerchino di toccarlo).
Ma è anche vero che possiamo fare qualcosa per rendergli le cose “più semplici”: fornire un ambiente sicuro è un buon punto di partenza in presenza di gatto pauroso che tenda a nascondersi.
- Implementare punti di osservazione e di riparo, anche fornendo postazioni sopraelevate, è un punto di forza a livello territoriale: il gatto avrà sempre la possibilità di scegliere quale sia il punto migliore e più vantaggioso in cui ripararsi in un determinato momento per valutare gli eventi che si susseguono nel territorio.
- Rispettare la sua scelta di nascondersi senza rinforzare quel comportamento: non cerchiamo quindi di stanare il piccolo felino o di convincerlo verbalmente ad uscire. In quel momento la sua sicurezza dipende da quel rifugio.
- Aumentare, dove carenti, le interazioni e i contatti sociali e renderli “sicuri”: cerchiamo di avvicinare in modo graduale nuovi stimoli al nostro gatto; possiamo cominciare da piccoli oggetti per poi proporre poco alla volta (prima da distanza e poi sempre più vicino) la presenza controllata di un’altra persona.
Consideriamo in ogni caso che pur operando per controcondizionamento e desensibilizzazione (cercando di avvicinare il gatto a qualcosa che ritiene non sicuro ed avversivo) le reazioni dipendono molto dal tipo di predisposizione e di esperienze precedenti del soggetto in questione nonché dalla sua età (il felino apprende durante tutta la sua vita ma, come noi, andando avanti con gli anni potrebbe non essere sempre propenso a cambiamenti di routine e dinamiche).
Il fatto che il nostro gatto senta il bisogno di nascondersi non è necessariamente qualcosa di cui preoccuparsi (a meno che non abbia delle problematiche organiche o sia anziano, in quel caso è consigliabile uno stretto monitoraggio), è un comportamento dettato dalla sua natura e dalla sue esperienze.
Imparare a comprendere la sua comunicazione e le sue reazioni di fronte alle situazioni ci aiuta ogni giorno a conoscere un pò meglio il nostro compagno felino e ci permette di intervenire laddove si possa apportare un cambiamento positivo che lo aiuti ad approcciarsi meglio e più serenamente con il mondo esterno.
Dopotutto quello che ci sta più a cuore sono il loro equilibrio ed il loro benessere, sempre nel rispetto della loro natura.
E se continueranno a nascondersi noi li guarderemo e loro sapranno di poter sempre contare su di noi…😺🐾
Miriam Tiengo – Consulente per la Relazione e la Convivenza con il Gatto e Operatrice certificata nel Metodo BEG®